“Lo spirito di una lingua si manifesta chiaramente soprattutto nelle parole intraducibili”: questo è ciò che credeva Marie von Ebner-Eschenbach, scrittrice austriaca che si distinse per i suoi romanzi psicologici in lingua tedesca tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Dalle sue parole emergono interessanti spunti di riflessione: la lingua, lungi dall’essere un sistema asettico e convenzionale, è dotata di dinamicità e di spirito che si esprimono ancor di più in parole impossibili da tradurre in un’altra lingua. La condivisione idiomatica nei rapporti umani si basa, infatti, sia sulla comunanza linguistica sia sulla comprensione e aderenza al contesto storico, culturale e politico in cui questa si è formata o che ha contribuito a formare. I parlanti una stessa lingua compartecipano quindi di medesimi valori, visioni della realtà e prospettive sul mondo. Proprio per questo una persona che utilizzi una lingua differente e provenga da un contesto totalmente diverso potrebbe riscontrare diverse difficoltà nell’instaurare un dialogo con il suo interlocutore e nel puntare a una completa condivisione idiomatica.
Alcuni studi
Per chiarire questo concetto potrebbe essere utile fare riferimento agli studi di Benjamin Lee Whorf (1897-1941) sulla lingua hopi (lingua uto-azteca parlata in Arizona del Nord). Attraverso i suoi studi il linguista statunitense era arrivato alla conclusione che la lingua hopi fosse una “lingua senza tempo”, ossia il modo in cui gli hopi concepivano il tempo era totalmente diverso dal nostro di tipo matematico e ciò si rifletteva sulla lingua. Per gli hopi era in concepibile quindi comunicare in termini di unità di tempo, dividendo in giorni, mesi e anni. Constatando questa dinamica, Whorf concluse che non tutti gli uomini concepiscono tempo e materia nello stesso modo e che tali concetti dipendono dalla natura del lingua in cui si sono sviluppati. Dal suo nome e da quello del suo professore prese il nome l’ipotesi Sapir-Whorf nella quale si esprime il principio di relatività linguistica. Senza andare più a fondo nella teoria, emergono per noi importanti spunti di riflessione: per esempio si sottolineare l’estrema importanza che rivesta la comprensione reciproca dei sistemi di valori al fine di una totale condivisione idiomatica tra gli interlocutori.
Conclusioni
Dunque, quando si parlerà di condivisione idiomatica nei rapporti umani non si dovrà più fare riferimento soltanto a un’aderenza alla grammatica, alla sintassi e alle strutture linguistiche di una determinata lingua ma anche a una profonda attenzione nei confronti del sistema di pensiero e del background culturale dell’interlocutore.